Pensioni a rischio, nonostante le riforme: “Sì, purtroppo,
perché è saltato il quadro macroeconomico su cui quelle riforme furono
fatte”.
Lo conferma autorevolmente ad Affari Giuliano Cazzola – già senatore Pdl e consigliere Inps, uno dei massimi esperti italiani di previdenza. E lo denuncia, cifre alla mano, la più credibile autorità previsiva in materia, cioè l'Ordine degli attuari.
E chi sono, gli attuari? Sono gli astrologi del futuro finanziario del sistema pensionistico. Sono gli analisti finanziari – strapagati dalle compagnie di assicurazione – che si specializzano nel prevedere cosa accadrà ai fondi pensionistici accantonati dalle varie categorie professionali presso i vari enti, a cominciare dall'Inps. Ebbene, secondo gli attuari, e con la ratifica di Cazzola, dobbiamo rassegnarci: la riforma delle pensioni andrà presto riformata.
Così com'è oggi, “il sistema pensionistico obbligatorio non può essere considerato finanziariamente sostenibile”. Le misure successive prese dai vari governi che hanno riformato la materia – dalla prima, e decisiva modifica varata nel 1995 dal governo Dini fino all'ultima riforma Monti-Fornero - “hanno certamente migliorato la situazione in un'ottica di sostenibilità”. Ma hanno fatto i conti senza l'oste, cioè senza la recessione, che sta tagliando posti di lavoro e quindi contributi. “Per la gestione finanziaria del sistema pensionistico obbligatorio rimangono aperte le problematiche legate all'occupazione, all'andamento economico e alla demografia”.
In realtà, che la “bolletta” pensionistica dovesse tener conto dell'allungamento della vita media (che quindi comporta costi più alti per le casse, perché gli anziani ritiratisi dal lavoro vivono più a lungo e assorbono più quattrini) la riforma Fornero ne aveva già tenuto conto, introducendo una specie di “scala mobile” al contrario, per cui col passar degli anni e l'allungarsi appunto della vita media, si andrà in pensione sempre più tardi. Ma prevedere la maggior longevità non basta ancora, se ci si mette di mezzo la malasorte: ovvero la crisi economica. Meno Pil, meno lavoro, meno contributi versati, meno pensioni. Le famose “previsioni a cinquant'anni” richieste dalla ex ministro a tutti gli enti previdenziali non potevano che essere presuntive, fondate sul passato e non ancorate al futuro prevedibile, che prevedibile non è. E l'andamento dell'economia reale, oggi, fa presagire sviluppi molto più difficili di quelli che erano stati immaginati ancora solo due anni fa. Certo, la crisi è destinata a finire: ma l'economia occidentale e in particolare, quella italiana, torneranno mai più come prima?
Come pensare che il nostro Vecchio Mondo torni a crescere come prevedevano tutti, ancora dieci o cinque anni fa? E come salvare le nostre pensioni, con le nuove, e più realistiche previsioni che s'impongono?
Lo conferma autorevolmente ad Affari Giuliano Cazzola – già senatore Pdl e consigliere Inps, uno dei massimi esperti italiani di previdenza. E lo denuncia, cifre alla mano, la più credibile autorità previsiva in materia, cioè l'Ordine degli attuari.
E chi sono, gli attuari? Sono gli astrologi del futuro finanziario del sistema pensionistico. Sono gli analisti finanziari – strapagati dalle compagnie di assicurazione – che si specializzano nel prevedere cosa accadrà ai fondi pensionistici accantonati dalle varie categorie professionali presso i vari enti, a cominciare dall'Inps. Ebbene, secondo gli attuari, e con la ratifica di Cazzola, dobbiamo rassegnarci: la riforma delle pensioni andrà presto riformata.
Così com'è oggi, “il sistema pensionistico obbligatorio non può essere considerato finanziariamente sostenibile”. Le misure successive prese dai vari governi che hanno riformato la materia – dalla prima, e decisiva modifica varata nel 1995 dal governo Dini fino all'ultima riforma Monti-Fornero - “hanno certamente migliorato la situazione in un'ottica di sostenibilità”. Ma hanno fatto i conti senza l'oste, cioè senza la recessione, che sta tagliando posti di lavoro e quindi contributi. “Per la gestione finanziaria del sistema pensionistico obbligatorio rimangono aperte le problematiche legate all'occupazione, all'andamento economico e alla demografia”.
In realtà, che la “bolletta” pensionistica dovesse tener conto dell'allungamento della vita media (che quindi comporta costi più alti per le casse, perché gli anziani ritiratisi dal lavoro vivono più a lungo e assorbono più quattrini) la riforma Fornero ne aveva già tenuto conto, introducendo una specie di “scala mobile” al contrario, per cui col passar degli anni e l'allungarsi appunto della vita media, si andrà in pensione sempre più tardi. Ma prevedere la maggior longevità non basta ancora, se ci si mette di mezzo la malasorte: ovvero la crisi economica. Meno Pil, meno lavoro, meno contributi versati, meno pensioni. Le famose “previsioni a cinquant'anni” richieste dalla ex ministro a tutti gli enti previdenziali non potevano che essere presuntive, fondate sul passato e non ancorate al futuro prevedibile, che prevedibile non è. E l'andamento dell'economia reale, oggi, fa presagire sviluppi molto più difficili di quelli che erano stati immaginati ancora solo due anni fa. Certo, la crisi è destinata a finire: ma l'economia occidentale e in particolare, quella italiana, torneranno mai più come prima?
Come pensare che il nostro Vecchio Mondo torni a crescere come prevedevano tutti, ancora dieci o cinque anni fa? E come salvare le nostre pensioni, con le nuove, e più realistiche previsioni che s'impongono?
Commenti
Posta un commento