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Papa Francesco: amicizia e rispetto tra fedi diverse


Fonte Radio Vaticana
"Prima di tutto ringrazio di cuore quello che il mio fratello Andrea ci ha detto". Con queste parole, Papa Francesco ha accolto e ringraziato il Patriarca ecumenico ortodosso, Bartolomeo I, che gli ha rivolto pochi minuti fa - nella Sala Clementina in Vaticano - un indirizzo di saluto all'inizio dell'udienza concessa dal Papa ai rappresentanti delle Chiese e Comunità ecclesiali, degli Ebrei e delle varie religioni.
"È motivo di particolare gioia - ha poi detto Papa Francesco - incontrarmi oggi con voi, Delegati delle Chiese Ortodosse, delle Chiese Ortodosse Orientali e delle Comunità ecclesiali di Occidente. Vi ringrazio per avere voluto prendere parte alla celebrazione che ha segnato l’inizio del mio ministero di Vescovo di Roma e Successore di Pietro. Ieri mattina, durante la Santa Messa, attraverso le vostre persone ho riconosciuto spiritualmente presenti le comunità che rappresentate. In questa manifestazione di fede mi è parso così di vivere in maniera ancor più pressante la preghiera per l’unità tra i credenti in Cristo e insieme di vederne in qualche modo prefigurata quella piena realizzazione, che dipende dal piano di Dio e dalla nostra leale collaborazione.
Inizio il mio ministero apostolico durante quest’anno che il mio venerato predecessore, Benedetto XVI, con intuizione veramente ispirata, ha proclamato per la Chiesa cattolica Anno della fede. Con questa iniziativa, che desidero continuare e spero sia di stimolo per il cammino di fede di tutti, egli ha voluto segnare il Cinquantesimo anniversario dell’inizio del Concilio Vaticano II, proponendo una sorta di pellegrinaggio verso ciò che per ogni cristiano rappresenta l’essenziale: il rapporto personale e trasformante con Gesù Cristo, Figlio di Dio, morto e risorto per la nostra salvezza. Proprio nel desiderio di annunciare questo tesoro perennemente valido della fede agli uomini del nostro tempo, risiede il cuore del messaggio conciliare.
Insieme con voi non posso dimenticare quanto quel Concilio abbia significato per il cammino ecumenico. Mi piace ricordare le parole che il Beato Giovanni XXIII, di cui ricorderemo tra breve il Cinquantesimo della scomparsa, pronunciò nel memorabile discorso di inaugurazione: «La Chiesa Cattolica ritiene suo dovere adoperarsi attivamente perché si compia il grande mistero di quell’unità che Cristo Gesù con ardentissime preghiere ha chiesto al Padre Celeste nell’imminenza del suo sacrificio; essa gode di pace soavissima, sapendo di essere intimamente unita a Cristo in quelle preghiere». Questo Papa Giovanni.
Sì, cari fratelli e sorelle in Cristo, sentiamoci tutti intimamente uniti alla preghiera del nostro Salvatore nell’Ultima Cena, alla sua invocazione: ut unum sint. Chiediamo al Padre misericordioso di vivere in pienezza quella fede che abbiamo ricevuto in dono nel giorno del nostro Battesimo, e di poterne dare testimonianza libera, gioiosa e coraggiosa. Sarà questo il nostro migliore servizio alla causa dell’unità tra i cristiani, un servizio di speranza per un mondo ancora segnato da divisioni, da contrasti e da rivalità. Più saremo fedeli alla sua volontà, nei pensieri, nelle parole e nelle opere, e più cammineremo realmente e sostanzialmente verso l’unità.
Da parte mia, desidero assicurare, sulla scia dei miei Predecessori, la ferma volontà di proseguire nel cammino del dialogo ecumenico e ringrazio sin d’ora il Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, per l’aiuto che continuerà ad offrire, in mio nome, per questa nobilissima causa. Vi chiedo, cari fratelli e sorelle, di portare il mio cordiale saluto e l’assicurazione del mio ricordo nel Signore Gesù alle Chiese e Comunità cristiane che qui rappresentate, e domando a voi la carità di una speciale preghiera per la mia persona, affinché possa essere un Pastore secondo il cuore di Cristo.
Ed ora mi rivolgo a voi distinti rappresentanti del popolo ebraico, al quale ci lega uno specialissimo vincolo spirituale, dal momento che, come afferma il Concilio Vaticano II, «la Chiesa di Cristo riconosce che gli inizi della sua fede e della sua elezione si trovano già, secondo il mistero divino della salvezza, nei patriarchi, in Mosè, e nei profeti» (Decr. Nostra aetate, 4). Vi ringrazio della vostra presenza e confido che, con l’aiuto dell’Altissimo, potremo proseguire proficuamente quel fraterno dialogo che il Concilio auspicava (cfr ibid.) e che si è effettivamente realizzato, portando non pochi frutti, specialmente nel corso degli ultimi decenni.
Saluto poi e ringrazio cordialmente tutti voi, cari amici appartenenti ad altre tradizioni religiose; innanzitutto i Musulmani, che adorano Dio unico, vivente e misericordioso, e lo invocano nella preghiera, e voi tutti. Apprezzo molto la vostra presenza: in essa vedo un segno tangibile della volontà di crescere nella stima reciproca e nella cooperazione per il bene comune dell’umanità.
La Chiesa cattolica è consapevole dell’importanza che ha la promozione dell’amicizia e del rispetto tra uomini e donne di diverse tradizioni religiose. Questo voglio ripeterlo: promozione dell’amicizia e del rispetto tra uomini e donne di diverse tradizioni religiose. Lo attesta anche il prezioso lavoro che svolge il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso. Essa è ugualmente consapevole della responsabilità che tutti portiamo verso questo nostro mondo, verso l’intero creato, che dobbiamo amare e custodire. E noi possiamo fare molto per il bene di chi è più povero, di chi è debole e di chi soffre, per favorire la giustizia, per promuovere la riconciliazione, per costruire la pace. Ma, soprattutto, dobbiamo tenere viva nel mondo la sete dell’assoluto, non permettendo che prevalga una visione della persona umana ad una sola dimensione, secondo cui l’uomo si riduce a ciò che produce e a ciò che consuma: è questa una delle insidie più pericolose per il nostro tempo.Sappiamo quanta violenza abbia prodotto nella storia recente il tentativo di eliminare Dio e il divino dall’orizzonte dell’umanità, e avvertiamo il valore di testimoniare nelle nostre società l’originaria apertura alla trascendenza che è insita nel cuore dell’uomo. In ciò, sentiamo vicini anche tutti quegli uomini e donne che, pur non riconoscendosi appartenenti ad alcuna tradizione religiosa, si sentono tuttavia in ricerca della verità, della bontà e della bellezza – questa verità: bonta è belleza - di Dio, e che sono nostri preziosi alleati nell’impegno a difesa della dignità dell’uomo, nella costruzione di una convivenza pacifica fra i popoli e nel custodire con cura il creato.

 Ma quali le prime impressioni e le aspettative nei riguardi di Papa Francesco dei rappresentanti delle Chiese e Comunità ecclesiali e delle altre Religioni che hanno incontrato oggi il Pontefice?
 Al microfono di Adriana Masotti sentiamo il vescovo Munib Younan, presidente della Federazione Luterana Mondiale:
R. – Thank you very much for this question...
Grazie molte per questa domanda. Penso sia vero, ci sono grandi aspettative da parte di tutti noi su Sua Santità e penso che dobbiamo essere davvero più realistici che aspettarci solo qualcosa. Per me, è un buon segno che il nuovo Papa venga dal Sud, dall’Argentina: porta con sé il tratto del Sud, il richiamo all’emancipazione, e porta con sé l’attenzione ai poveri. Per me questo è essenziale - per noi, come luterani - che porti con sé queste radici nel suo ministero petrino. E’ molto incoraggiante per noi. E per noi come Federazione mondiale, lavorando con i poveri in tutto il mondo, questo è davvero un segno che tutti insieme possiamo realmente lavorare per la giustizia, per la pace, per togliere la povertà in questo mondo, per combattere il debito e per altre questioni che sono in agenda. Secondo, per me, è davvero significativa l’umiltà che lo contraddistingue e che mostra al mondo. Oggi, noi abbiamo bisogno di leader umili, che siano locali o mondiali, abbiamo bisogno che siano davvero umili e rivolti ai bisogni della gente, che non parlino solo dall’alto verso il basso, ma dal basso verso l’alto, dalla base. Terzo, come Federazione Luterana, quando incontrai il Papa emerito abbiamo parlato dell’anno della Riforma 2017, di come il Vaticano, la Chiesa cattolica, la Chiesa Luterana, la Federazione luterana potessero insieme celebrare il 500.mo anniversario della Riforma nel 2017. La Commissione ha già iniziato a lavorare al documento “From conflict to communion” e noi speriamo si possa celebrare insieme il 2017. E sono sicuro – questa è la nostra aspettativa – che si possa mostrare come luterani e cattolici siano testimoni uniti in questo mondo. Questa è una cosa molto importante. Il predecessori di Sua Santità, Benedetto XVI e Giovanni Paolo II, hanno parlato di Gerusalemme e del Medio Oriente e la nostra aspettativa è che, venendo dall’America Latina, dall’oppressione, lui possa parlare di giustizia per la Palestina e Israele e possa anche parlare per i cristiani del Medio Oriente, specialmente quelli in situazioni terribili, in tutta l’area dove i cristiani sono colpiti in Medio Oriente. Queste sono le aspettative dalla Federazione Luterana e penso che voi sappiate che non vediamo l’ora di cooperare, di lavorare insieme con lui attraverso il Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani. Penso sia davvero essenziale per noi continuare questa cooperazione, questa testimonianza ecumenica. Il mondo dovrebbe dire: “Guarda come si amano e come testimoniano insieme - luterani e cattolici - in questo mondo”.
Tutti stiamo conoscendo Papa Francesco, siamo ancora ai primi giorni e ai primi discorsi. Adriana Masotti ha chiesto al reverendo dr. Olav Kykse Tveit quale sia la sua impressione personale e quella del Consiglio ecumenico delle Chiese di cui è segretario generale:
R. - It has been very inspiring to see how Pope Francis speaks to the people…
E’ stato molto stimolante vedere come Papa Francesco parli alle persone, al cuore delle persone, ma anche come con questo cuore aperto e questo atteggiamento aperto ci invitino - rappresentando noi le famiglie cristiane e le Chiese cristiane nel mondo - a un comune pellegrinaggio. Ho ascoltato il suo messaggio e le sue preoccupazioni per i poveri, per la giustizia, sull’essere custodi dei nostri valori cristiani comuni, ma anche della nostra chiamata cristiana a servire il mondo. Penso questo crei molte opportunità per trovare un nostro terreno comune, ma anche prospettive future comuni.
D. - Papa Francesco ha spiegato il significato della scelta del suo nome. Ha detto: povertà, pace e anche salvaguardia dell’ambiente e del Creato. Cosa evoca tutto questo in voi?
R. - It is remarkable how he has taken this name and how he make this his program…E’ notevole come Papa Francesco abbia scelto questo nome e come lo abbia reso la sua missione: è molto stimolante per il cammino della Chiesa. Ci sarà un’assemblea quest’anno, dal tema “God of life, lead us to justice and peace”, cioè “Dio della vita, conducici alla giustizia e alla pace”. Penso che questa sia la visione di Francesco per la vita cristiana: pregare Dio che ci dia la vita, ma anche la responsabilità per una vita attenta, e fare ciò promuovendo la giustizia e la pace. Penso che abbiamo una forte visione comune, ma anche una comune agenda e siamo davvero convinti che per questo motivo lui abbia scelto il nome di Francesco e la sua missione.
D. - Papa Francesco usa parole semplici, ma ciò che dice arriva direttamente al cuore di chi ascolta. Tra le cose che finora ha potuto ascoltare, c’è una in particolare che vuole sottolineare?
R. - He is a man who is strong in is humbleness…
E’ un uomo forte nella sua umiltà, è una persona umile, e apre la porta al cuore delle altre persone, ma questa è anche la sua forza. Proprio su queste basi noi tutti possiamo trovare una strada per parlare gli uni con gli altri, anche per capirci meglio e per servire insieme Dio in un modo nuovo.

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